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Visite da rientro

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Le visite da rientro dopo un'assenza per motivi di salute superiore a 60 giorni riguardano solo i lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria?

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La lettera e-ter) comma 2 dell’art. 41  del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. introduce l’obbligo di sottoporre a visita un lavoratore che sia stato assente per motivi di salute per un periodo di tempo continuativo superiore a 60 giorni, prima della ripresa del lavoro, al fine di verificare l’idoneità alla mansione.

Questa tipologia di visita costituisce una delle 7 tipologie previste dall’art. 41 (le altre sono: preventive, preventive in fase preassuntiva, periodiche, su richiesta del lavoratore, al cambio di mansione, alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti espressamente dalle normative sui singoli rischi). Tutte le tipologie di visite si effettuano nelle due circostanze individuate dal comma 1 dell’art. 41 che indica quando si effettua la sorveglianza sanitaria:

–        nei casi previsti dalla normativa vigente (e da eventuali indicazioni  della Commissione consultiva che  al momento non sussistono) ;

–        quando il lavoratore ne fa richiesta per motivi ritenuti dal medico competente correlati ai rischi lavorativi.

Pertanto, a meno che non vi sia una richiesta del lavoratore, tutte e 7 le tipologie di visite riguardano esclusivamente i lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, come individuati dal protocollo redatto dal medico competente in funzione dei rischi specifici. Anche la visita alla ripresa del lavoro, quindi, riguarda solo i suddetti lavoratori e non tutti coloro  che rimangono assenti per oltre 60 giorni continuativi per motivi di salute.

Al fine di chiarire eventuali dubbi , si possono  formulare tre osservazioni.

1) dal punto di vista giuridico l’art. 41 del D.Lgs. 81/08 al primo comma definisce i casi in cui si effettua la sorveglianza sanitaria (nei casi previsti dalla normativa vigente e  a richiesta del lavoratore); al secondo comma indica quali tipologie di viste fanno parte della sorveglianza sanitaria come definita precedentemente. 

2) Se in un’azienda  non vi sono rischi per la salute che prevedono obbligo di sorveglianza sanitaria, il medico competente non deve essere nominato. Ma anche in questo tipo di aziende si può verificare che un lavoratore stia assente per più di 60 gg.  Se fosse obbligatoria la vista al rientro dai 60 gg per tutti i lavoratori, il datore di lavoro dovrebbe nominare un medico competente solo per visitare quel lavoratore al rientro. 

3) La visita al rientro è finalizzata a verificare l’idoneità ad una mansione che comporta rischi specifici. Ma è evidente che ciò significa verificare se dopo la malattia persistono i requisiti di idoneità che già sono stati accertati precedentemente.  Anche dal punto di vista medico non avrebbe alcuna logica accertare l’idoneità alla mansione solo dopo una malattia, ma  non prima, considerando che non necessariamente tutti i motivi di inidoneità comportano una prolungata assenza dal lavoro.

D’altra parte, a conclusione  della visita alla ripresa del lavoro, il medico competente esprime  il giudizio di idoneità al lavoro specifico, come in  altre tipologie di visite. Questa ulteriore valutazione dell’effettiva possibilità per il lavoratore di riprendere l’attività lavorativa senza rischi per la salute è giustificata  proprio dalla necessità di un’idoneità lavorativa specifica, aggiuntiva rispetto all’idoneità generica su cui di fatto si esprimono il medico curante o il medico dell’INAIL nel momento in cui considerano il lavoratore guarito e in condizioni di riprendere il lavoro. Deve essere chiaro, infatti,  che la visita al rientro non riguarda in alcun modo la valutazione dell’idoneità generica, cioè il fatto che il lavoratore sia guarito e possa riprendere il lavoro, che compete invece, come già detto,  al medico curante o al medico INAIL per infortuni e malattie professionali.

Per quanto riguarda i motivi dell’assenza, invece, non vi sono ulteriori specifiche. L’obbligo ricorre ogni qual volta l’assenza si prolunghi per oltre 60 giorni senza interruzioni, sia per infortunio, sia per malattia, che vi sia o meno un nesso con l’attività lavorativa.  

L’assenza superiore a 60 giorni di fatto interrompe la validità del certificato di idoneità precedente, per cui alla ripresa del lavoro il lavoratore non può essere adibito alla mansione a rischio fino a che non sia stata espletata la visita di rientro. D’altra parte la  visita può essere effettuata  solo dopo che il lavoratore sia effettivamente pronto per rientrare al lavoro, in quanto si è  conclusa la prognosi formulata dal medico curante ovvero l’INAIL ha chiuso il periodo di inabilità temporanea assoluta per  infortunio.

Come è noto, questo crea una difficoltà oggettiva nell’adempiere al suddetto obbligo, in quanto il lavoratore non può essere visitato quando è ancora malato, né tuttavia  può riprendere la propria mansione, finché non sia stato espresso un nuovo giudizio di idoneità. Pertanto è necessario, da un lato, che il datore di lavoro (che è a conoscenza dell’assenza del lavoratore e del suo prossimo rientro) preavverta opportunamente lavoratore e medico e che il medico si renda disponibile in tempi congrui.

Per quanto attiene agli aspetti clinico-diagnostici della visita, questi esulano naturalmente dal protocollo di accertamenti sanitari prestabilito  e sono decisi dal medico competente in funzione della patologia che ha determinato l’assenza del lavoratore, della sua eventuale correlazione con i rischi lavorativi e della possibile compromissione dell’idoneità lavorativa, potendosi limitare all’esame della documentazione relativa alla patologia sofferta, come invece esigere accertamenti diagnostici mirati, fermo restando che anche questa tipologia di visita è comunque correlata ai rischi lavorativi. Qualora invece durante l’assenza sia intercorsa anche la scadenza delle visita periodica, il lavoratore dovrà essere sottoposto ad una visita medica periodica completa di tutti gli accertamenti previsti dal protocollo. 

Il medico competente deciderà poi, caso per caso, se rimodulare o meno lo scadenzario dei successivi controlli.

Merita infine ricordare che anche questo tipo di visite ha carattere obbligatorio, sia  per il lavoratore che vi si deve sottoporre (art. 20, comma 2, lettera i D.Lgs. 81/08), sia per il datore di lavoro che non deve adibire alle lavorazioni a rischio il lavoratore senza giudizio di idoneità (art. 18, comma 1, lettera bb), sia per il medico competente che deve programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria prevista dall’art. 41 (art. 25, comma 1, lettera b). 

Una questione ancora controversa è se queste visite riguardino anche l’assenza legata alla gravidanza. Se è pur vero che la gravidanza non è una malattia è comunque innegabile che determina  una prolungata assenza dal lavoro per motivi di salute (non certo per ferie o altre causali di tipo amministrativo) che può avere ripercussioni sulle condizioni psicofisiche della lavoratrice correlabili all’idoneità lavorativa. La normativa sulla tutela delle lavoratrici prevede inoltre alcune limitazioni fino a 7 mesi dopo il parto che possono essere particolarmente importanti  in caso di allattamento al seno. L’indicazione che ci sembra più corretta è quindi che una visita al rientro dalla gravidanza venga eseguita con riferimento alle controindicazioni lavorative individuate in base alla valutazione dei rischi per le lavoratrici in stato di gravidanza, ai sensi del D.Lgs. 151/2001, dandone evidenza nel protocollo di sorveglianza sanitaria.