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Idoneità lavoratore disabile

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Chi valuta l'idoneità di un lavoratore disabile?

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Tutte le forme di collocamento lavorativo di una persona disabile, per qualsiasi grado di inabilità (anche 100%) con o senza indennità di accompagnamento, sono lecite, mentre, al contrario, il mancato collocamento al lavoro costituisce un comportamento discriminatorio.
 
Questo vale sia per i disabili assunti in base al collocamento obbligatorio secondo le disposizioni della L. 68/99, sia per quelli assunti con altre modalità, sia per i lavoratori divenuti invalidi in un momento successivo all’assunzione.
 
Se l’invalidità è di grado superiore al 60% anche il lavoratore già assunto al di fuori del collocamento obbligatorio può essere computato nella quota di riserva, a meno che l’invalidità sia conseguente ad infortunio sul lavoro o malattia professionale causata da inadempienze del datore di lavoro accertate in sede giudiziaria (art. 4 L. 68/99). 
 
Il datore di lavoro deve utilizzare il lavoratore in maniera compatibile con le sue condizioni di salute, secondo il principio dell’“accomodamento ragionevole”, come definito dalla  Convenzione ONU 13 dicembre 2006 (recepita con L. 18/2009) e dalla direttiva 2000/78/CE (recepita con D.Lgs. 216/2003).
 
Tale principio prevede  l’obbligo del datore di lavoro di adattare il posto di lavoro alle necessità connesse alla condizione di disabilità, a meno che ciò  comporti un “onere sproporzionato”. Al fine di individuare una collocazione lavorativa compatibile il datore di lavoro può avvalersi della consulenza del medico competente.
 
Qualora invece il datore di lavoro ritenga di non poter utilizzare il disabile, ovvero le condizioni del lavoratore disabile siano peggiorate al punto da non poter più assicurare la prestazione lavorativa, la valutazione dell’inidoneità lavorativa non può essere fatta dal medico competente, ma dal Comitato Tecnico provinciale, il quale il quale invia il dipendente a visita alla commissione invalidi della ASL.
 
In tali casi il datore di lavoro deve presentare una domanda di “revisione delle condizioni di disabilità” ai sensi dell’art. 10, comma 3 L- 68/99 e art. 8 DPCM 13/1/2000. La motivazione può dipendere dalle mutate condizioni di salute del lavoratore ovvero da modifiche dell’organizzazione del lavoro che non consentono più un’utilizzazione protetta.